Destinazione Castel del Rio
Partecipanti Angela, Anna P, Carla, Cate, Dani, Iso, Laura, Lucia, Luisa,Mariella, Patti, Sandro, Pino, Titti
Durata due ore e mezzo
Tiro su le tapparelle e vedo che piove a dirotto. Torniamo a letto? No, prendiamo l’ombrello e usciamo. Non sarà che, come dice Alberto, siamo dei maniaci? Alle nove e mezzo siamo sotto la casa di Isa, e siamo in quattordici.
Facciamo colazione assieme a lei, poi la salutiamo – oggi
non può venire – e partiamo.
Piove, ma noi andiamo avanti baldanzosamente, perché abbiamo avuto da Sandro la
promessa che nel pomeriggio smetterà , e Sandro è un uomo d’onore.
Il progetto sarebbe di visitare la rocca di Dozza – se è aperta, tanto per
stare al riparo. Ma poco dopo Castel S. Pietro a Carla viene in mente che per
raggiungere Castel del Rio passeremo davanti alla casa di Floriana e Gianni e
propone di andare a trovarli. La proposta viene accettata. Cerchiamo Flo che ci
dice che lei è a Bologna, e Gianni è da solo nella casa di campagna. Gli
telefoniamo per avvertirlo e dargli l’opportunità di nascondere un’eventuale
amante nell’armadio, ma non c’è campo. Speriamo bene. Arriviamo e lui è tutto
contento di vederci e di farci fare la visita guidata della casa, che è molto
bella e molto grande, ma anche molto fredda, come succede sempre alle seconde
case. Quando decidiamo di aver incamerato abbastanza freddo, salutiamo
affettuosamente Gianni e ripartiamo.
Piove. Sarebbe bello se si fosse Hedy Lamarr – l’attrice austriaca che,
trasferitasi a Hollywood, aveva fatto istallare nel suo giardino un sistema di
pioggia artificiale per sentirsi a casa. Se non lo si è, invece è una rottura.
Il paesaggio comunque ha una sua umida bellezza, lucida e pulita. Poi smette di
piovere e compaiono nuvole basse che si muovono, e i campi e le colline ci
giocano a nascondino. Verso mezzogiorno arriviamo a Castel del Rio.
C’è il mercato – ben due banchetti di abbigliamento e uno di frutta e verdura.
Comperiamo marroni, non tanto grandi perchè quest’anno non ha mai piovuto, ma a
un prezzo molto buono . Ci sono anche dei frutti minuscoli nati dall’incrocio
delle giuggiole con le mele: di colore sono verdi e marron, la forma è varia e
ricorda ora l’uno ora l’altro dei frutti da cui provengono e sono buoni, ma non
hanno ancora un nome. Siccome è presto per il ristorante e ha smesso di piovere,
andiamo a rivedere il ponte.
Passiamo davanti al bar, e vediamo che i vecchietti sono ancora lì a bocca
aperta, da quella volta che Massimo disse che aveva la bocca impastata per via
di tutta quella gnocca.
Saliamo sul ponte, sperando che passi una macchina così possiamo vederla
basculare sulla sommità, ma niente. Il fiume, che l’ultima volta era verde e
trasparente, adesso scorre torpido come fango liquido. All’una siamo al
ristorante. Carla raccoglie le ordinazioni, per risparmiare tempo. Quasi tutti
ordiniamo un tris di primi, quasi tutti col menu di marroni. Il cameriere aveva
detto che potevamo ordinare i tris se eravamo in un certo numero, ma Mariella
insiste che ne vuole uno personalizzato da sola. Interveniamo tutti a cercare di
dissuaderla, ma non c’è verso e la cosa si trascina fin che il cameriere,
spossato, acconsente a portarle quello che vuole. Facciamo un gran baccano, e
Sandro dice che se continuiamo così il personale esporrà un cartello con su
scritto che i maroni si devono mangiare e non rompere. Lucia racconta di aver
letto che in un paese che non ricorda si comminano multe a chi lascia avanzi nel
piatto.
Noi però stiamo tranquilli perchè abbiamo Pino. Arrivano i piatti: tagliatelle,
tortelloni, funghi e polenta fritta, meringa, marroncello, tutto ottimo.
Quando usciamo ha definitivamente smesso di piovere. Sandro ha sempre ragione.
Rimango un po’ indietro per andare in macchina a prendere i bastoncini e, quando
raggiungo gli altri , li trovo lì che grufolano in un mucchio di rifiuti rimasti
dalla festa delle castagne di domenica scorsa. Prendono su delle caldarroste, le
mangiano e dicono che sono buone.
Ci dirigiamo verso “ Le Selve “ su una strada asfaltata che costeggia dei bei
boschi di castagni, tutti puliti e ordinati che pare di essere in Svizzera.
Cammina cammina ma ‘ste Selve non si vedono, così verso le cinque facciamo
dietrofront e torniamo indietro, per non farci cogliere dalla notte.
Al ritorno Sandro sceglie un percorso molto avventuroso che ci porta a
scavalcare montagne, su e giù per strade tortuose e deserte, attraverso banchi
di nebbia impenetrabile. Noi lo seguiamo senza protestare perché il nostro motto
è: Vai dove ti porta il Sandro!(anche perché non sapevate dove andare: n.d.r).
A casa alle otto.