Il diario di Laura
Mercoledì 18 novembre ‘09
Partecipanti Alba, Anna C, Dani, Gio, Laura, Sandro, Patti, Umberto, Isora, Titti, Cate
Destinazione Castelluccio
Durata tre ore
Alle otto e tre quarti da Cate. Salgo in macchina con Umberto. Mi offro provocatoriamente di guidare, ma lui declina , perché pensa di essere moooolto più bravo di me – oltre che di chiunque altro. Ci fermiamo al Jakarta a fare colazione, poi partiamo verso Porretta. Il cielo è grigio e triste, e il paesaggio è ingombro di drappi di nebbia gettati qua e là. Ma ecco che compare in alto un alone luminoso , che a poco a poco si precisa come il sole. E il cielo si schiarisce gradualmente, e alla fine verrà fuori una gran bella giornata serena, e la temperatura supererà i 20 gradi. Disquisiamo sulle tette, senza riuscire ad arrivare ad un accordo perché noi ragazze le riteniamo un peso inutile, mentre i maschi sono in appassionato disaccordo. L’argomento si conclude con la citazione della battuta di un comico, secondo cui sotto la quarta non è vero amore. Comunico che Dani mi ha lasciato dei pacchetti regalo per i compagni del corso di inglese, perché lunedì prossimo lei sarà sul Mar Rosso. E’ ritornata da Amsterdam, e i pacchetti sono piccolini. Speriamo che sia maria. Arrivati a Castelluccio parcheggiamo, e, dopo che abbiamo appurato che al bar lì vicino non ci daranno niente da mangiare, andiamo al forno a comperare della buonissima crescente, poi iniziamo la passeggiata. Sono le dieci e mezzo. Si comincia subito con una salita impervia, che faccio col fiatone, calpestando le foglie cadute, che sono umide e scivolose. Entriamo in una bella pineta – Abetaia! Dice Umberto, per fortuna che c’è lui a correggermi. Racconto che ieri al Centro, quando Franco ha detto che come conseguenza del peccato originale all’uomo è stato proibito il sesso, Roberto è intervenuto chiedendo perché invece non ci potevano proibire la frutta. A un certo punto vedo un monte dall’aspetto di trapezio irregolare. Chiedo a Sandro che cos’è e lui dice che non lo sa, perché è comparso lì solo da poco. Alle dodici e mezzo ci fermiamo al sole per un pranzo molto spartano. Sandro si tiene leggero, perché al ritorno deve andare a mangiare dalle sue badanti. Ci fa venire in mente De Sica, che pranzava e cenava due volte nella stessa giornata, perché aveva due famiglie. Discutiamo su come dobbiamo comportarci se qualcuno ci chiede di entrare a far parte del nostro gruppo. Innanzi tutto diciamo che le donne dobbiamo scoraggiarle, perché ce ne sono gia anche troppe, e già ci tocca solo un terzo di maschio a testa, anzi un quarto perché tanto Patti non lo divido. All’uopo diremo che Sandro è solito esercitare lo ius primae noctis. E poi ci vuole l’iscrizione ad un partito di sinistra e l’attestato di partecipazione al no – B day. Si progetta la gita a Valencia . Cate vorrebbe tanto andarci, ma non sa come sistemare sua madre. La badante non potrebbe dormire a casa sua, così lei pensa di portare la mamma e la Zora con sé – tanto il biglietto aereo costa 2 euro, e poi le lascia in aeroporto, perché la Iolanda non può camminare. Finito di mangiare Patti si mette a dipingere, e noi prendiamo il sole. Dopo un’oretta ci alziamo e prendiamo un sentiero sulla destra che va in leggera discesa. Dopo un po’ Sandro capisce che è tutto in ombra, e così torniamo indietro. Ma dov’è andato a finire Patti? Mah, l’ho perso di vista . Ma tanto Isora è qui con me…Saliamo verso la croce di Cima Piella. Arrivati in alto ci fermiamo a guardare il paesaggio sottostante: bello e vastissimo, con le macchie gialle e rosse degli alberi autunnali e i suoi bravi gruppetti di case qua e là. A destra un monte deserto che scende in ampie pieghe che, se non me lo avessero proibito, direi che sono di velluto. E ci sono foglie che si divertono a volteggiare sull’abisso, lasciandosi portare dalla brezza. Riprendiamo la strada del ritorno, su un sentiero bellissimo che attraversa un bosco tutto colorato. Alle prime casedell’estrema periferia del paese, un cane ci si avventa contro da dietro una recinzione, e ci vorrebbe pure sbranare, e continua a latrare, tanto che perfino Alba si spaventa.Proseguiamo e dopo un po’ non lo sentiamo più. Ci voltiamo e vediamo che Patti lo sta fotografando: si sarà messo in posa. Quando siamo ormai vicinissimi al paese, mi fermo a sedere su un tronco perché mi fa male un ginocchio. Mi metto a scrivere il diario. Passa una macchina, rallenta, mi guarda e se ne va. Non gli sono piaciuta. Dopo un po’ arriva Umberto a prendermi, e raggiungiamo gli altri che sono seduti in un bar ristorante dove si sono fermati a prendere un tè, che però si trasforma subito in un pranzo – o cena, non si sa bene, dato l’orario anomalo. Antipasti, fra cui una sublime mortadella, un ottimo tris di minestre ( pappardelle al sugo di cervo, tortelloni conditi con ricotta e pomodoro, pasta coi broccoli ), poi dolci vari fra cui primeggia una torta di zuppa inglese. Poi liquori fatti in casa. Il tutto per 14 euro. Paghiamo, ci congratuliamo col cuoco e ce ne andiamo felici, col proposito di tornare.
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