25.
5 marzo 2014 - Vaiano per mimose
Vaiano - Schignano - Collina
- sent.12 - Monte Lopi - sent. 12/b - Figline. Bus per Prato
ORE 3.45 12,5 Km DISL 400 m
IL DIARIO
DI
LAURA
Destinazione Vaiano – Schignano –
Figline – Prato
Partecipanti Anna Ch, Carla, Cate,
Camilla, Dani, Iso, Laura, Pino, Rita, Sandro, Titti
Durata 3 ore e mezzo
Alle otto e mezzo alla
Meridiana e poi via di corsa senza nemmeno prendere il caffè, perché dobbiamo
andare a prendere il treno a Vado. Il tempo fa schifo ma non possiamo neanche
lamentarci dato che piove quasi dappertutto e a Castel d’Aiano addirittura
nevica. Il grigio impazza in tutte le sue sfumature, una più triste dell’altra e
c’è anche una leggera nebbiolina. Il verde dei prati si rincantuccia tutto in se
stesso, per non farsi notare, conscio del fatto di essere del tutto fuori posto.
A Vado saliamo sul treno e incontriamo gli amici che vengono dalla stazione di
Bologna. Baci e abbracci poi si comincia subito a dialogare sui massimi sistemi.
Usciamo dal tunnel di Vernio e oooh, c’è il sole! Dio benedica Sandro e le sue
webcam. Perché non ci fermiamo a Vernio ? chiede qualcuno e la risposta è che a
Vaiano c’è un’altitudine più bassa – che potremmo anche chiamare bassitudine –
che è l’ideale per la fioritura delle mimose. A Vernio ci andremo d’estate. Al
solito bar di Vaiano vado alla toilette e, quando esco, trovo gli amici che si
ingozzano di krapfen. Ci vuole un cuore ben duro, dopo che li avevo pregati di
non farlo fin che non ho finito la dieta per le intolleranze alimentari. Andiamo
a visitare la Badia di S.Salvatore che risale all’undicesimo secolo: L’esterno
ha belle linee eleganti ed essenziali, ma l’interno è un vero gioiello. Piccola,
raccolta, del romanico più puro – anche se le strisce grigie sono solo dipinte.
Ci mettiamo attorno all’altare e ci guardiamo attorno senza parole. Ed ecco che
si alza la voce di Rita che intona l’Ave Verum – le è venuto fuori dall’anima
senza che se ne rendesse conto, dirà poi. E’ una voce di cristallo, esaltata
dall’acustica perfetta, che si alza e riempie l’abside, e ci commuove
moltissimo. Usciamo e troviamo il guardiano, che gentilmente ci fa visitare il
chiostro e il museo – le visite sarebbero ammesse solo di sabato e domenica. La
prima sala contiene inspiegabilmente vedute marine . Sulla parete sinistra un
naufragio, con gli scampati aggrappati a delle botti e i capelli dritti per lo
spavento. Il guardiano ci parla di Agnolo Fiorenzuola, abate e poeta, che visse
fino a 102 anni e che sapeva trattarsi bene, vista l’eleganza dei suoi
appartamenti. Nel chiostro il guardiano alza una botola di legno ed ecco
apparire due tombe, una col suo bravo scheletro. Lui avrebbe tante altre cose da
dirci e, se lo lasciassimo fare saremmo ancora lì, ma sono le undici e un quarto
e quindi lo ringraziamo moltissimo e ce ne andiamo. Cominciamo a salire verso
Schignano, fra albicocchi in fiore e mimose che hanno appena passato il momento
di massimo splendore ma sono ancora una bella esplosione d’oro. E che dire degli
anemoni stellati, che a un certo punto fanno una parete, con sfumature di
diverse tonalità! C’è un bel vento freddo e quando arriviamo a Schignano ci
sediamo sulle solite panchine a mangiare ma poi, piano piano, uno alla volta
strisciamo dentro al negozio-bar a scaldarci. Lì prendiamo il caffè, comperiamo
cantucci e farina di castagne e alla fine il gestore offre a tutti il vin santo,
molto gradito. Ci dice anche che la prossima volta che veniamo, se lo informiamo
per tempo, ci preparerà anche da mangiare. Usciamo e cominciamo a salire verso
Monte Lopo, mentre comincia ad aleggiare un cupo presentimento: riusciremo ad
arrivare in tempo per prendere il treno? ( le altre volte che abbiamo fatto
questa passeggiata l’abbiamo sempre perso ). In cima a Monte Lopo lasciamo la
strada asfaltata e prendiamo un sentiero che dopo un po’ si trasforma in un
fiumiciattolo. Pino nota che a un certo punto l’acqua di una sponda è più alta
dell’altra e dice che non sa spiegarsi perché. Figurati io, dico. Poi l’acqua si
trasforma in fanghiglia e procedere non è facile. Sandro ci vede in difficoltà e
ci sprona dicendo che se facciamo così noi donne non raggiungeremo mai la
parità. Ma noi ragazze ce ne infischiamo, dato che siamo già superiori. A un
certo punto ci sono delle roccette verdastre e chiediamo a Sandro se è mica. No,
non è mica mica, dice lui. Poi attira la nostra attenzione sull’erica scopacea,
che ci indica con un sorriso ammiccante, chissà perché. Arriviamo a Figline,
prendiamo l’autobus e quando arriviamo alla stazione di Prato la paura di
perdere il treno smette di aleggiare, perché il treno è già partito. Come
volevasi dimostrare. Per fortuna ce n’è un altro fra un’ora.Ci avviamo verso un
bar all’esterno della stazione, facendo arrabbiare Sandro che vorrebbe restare
lì, e non ci segue. Quando ritorniamo però per fortuna gli è già passata. Alle
5.40 arriva finalmente il treno e saliamo. Alla stazione di Vado qualcuno attira
la nostra attenzione sul tramonto, bello infuocato, e tutti in coro: Rosso di
sera, bel tempo si spera. Qualcosa di più originale no? Scendiamo e chiamiamo da
fuori gli amici che proseguono per Bologna, sperando che si affaccino al
finestrino così possiamo prenderli a schiaffi come in Amici miei. Ma nessuno si
affaccia, quindi corriamo verso le macchine, per paura di perdere anche quelle.