Il Diario di Laura
Mercoledì 3 sett 2008
Destinazione Cavone – Corno alle Scale e ritorno
Partecipanti Cate, Carla, Iso, Danila, Laura, Regina, Sandro
Durata tre ore e mezzo, comprese le soste frequenti a mangiare mirtilli e lamponi
Tempo temperatura ideale, fresco e soleggiato. Sul crinale molto ventoso
Teoricamente non avrei dovuto andare in passeggiata, perché da un mese soffro di sciatica, però Sandro mi ha messo a punto un percorso che, se mi blocco, il Soccorso Alpino mi trova subito. E così, eccomi qui,alle otto da Cate.
Presto, perché andiamo lontano. Siamo in sette, quindi dobbiamo prendere due macchine, perché nessuno ha il coraggio di chiudere Cate nel bagagliaio.
Colazione al Jakarta.
Quando usciamo, chiediamo a Sandro quale sarà la prossima tappa, non vogliamo essere seminate al primo semaforo. Silla, dice. Comunque la nostra era una preoccupazione immotivata, perché lui sta invecchiando, e si mette quindi ordinatamente in fila e ci rimane per tutto il tempo. Dopo Silla prendiamo per Lizzano, e poi per il Cavone.
In macchina sono con Regina e Carla. Di che cosa abbiamo parlato ? Difficile dirlo, e però la conversazione ferveva, ed ero così presa che per un bel pezzo mi sono dimenticata di guardare fuori dal finestrino. Poi, a un tratto, ho alzato gli occhi, e stavamo attraversando una bellissima abetaia fitta fitta , col sole che qua e là sgusciava fra i rami accarezzandoli.
Dopo poco
eccoci al Cavone. Parcheggiamo e cominciamo a salire verso il Corno, lungo un
bel sentiero nel bosco. Sono le dieci e mezzo.
Appena finito il bosco, c’è il Rifugio Sasseto.
Chiuso, ma per nostra fortuna ci sono quattro livornesi simpatici che hanno
fatto tappa qui e che ci preparano un caffè Illy con la caffettiera Forever (
ricordarsene ), ed è buono come al bar. Prima di salutarli con riconoscenza, gli
promettiamo che quest’anno, che loro sono in serie B, ci occuperemo noi di fare
del male al Milan.
Riprendiamo la salita verso il crinale, fermandoci a mangiare mirtilli.
Come descrivere il bellissimo paesaggio circostante? Di velluto mi hanno proibito di parlare, e quindi dirò che il tessuto non meglio identificato cade in morbide pieghe verdi, spruzzate qua e là di rosso perché l’autunno sta avanzando.
Sul crinale c’è una bellissima visione a 356°( i 4° mancanti sono le stecche degli occhiali – ndr), con quinte di montagne dai contorni sempre più dolcemente indistinti nella misura in cui si allontanano.
In fondo si vede anche il Vigese, il che permette a Sandro di sottoporci al solito test.
Il vento è forte, e cerca di ribaltare Regina - ma con me non ci prova neanche – e passando attraverso i fori di alcuni pali piantati nel terreno, suona un motivo che a dire il vero non è gran che, un po’ monotono.
Siamo a quota 1945. Cerchiamo un punto sottovento e ci sediamo per mangiare.
Carla ha portato l’insalata di orzo perlato che aveva preparato per una cena poi saltata. Naturalmente ci sono anche i piatti e le posate, un picnic veramente perfetto.
Sandro ci fotografa e dice che siamo un bel figaio ( non era meglio usare una parola meno volgare, per esempio gnoccheto, come suggerisce Danila? ) , lo può ben dire perché con tutti i mirtilli che ha mangiato la vista gli è molto aumentata e adesso vede anche attraverso i vestiti.
Mangiamo, guardiamo il paesaggio e le nubi che vanno – alcune sono un po’ scure, pioverà? Le nuvole passano veloci, e il paesaggio cambia in continuazione con luci ed ombre mutevoli che ne nascondono e subito dopo ne sottolineano la morbidezza dolce e incontaminata.
Ripartiamo, fermandoci un attimo a farci fotografare all’imboccatura del sentiero del Balzo dell’Ora , così posiamo far morire d’invidia gli amici che sono restati a casa, poi cominciamo a scendere verso il Cavone, e devo dire che le mie ginocchia non sono per niente contente.
Per fortuna ci fermiamo spesso, perché oltre ai mirtilli c’è una gran quantità di lamponi. Arrivati al Rifugio Cavone, entriamo nel bar e l’unica cosa fresca è una torta ai frutti di bosco. Ancora?! Non ne possiamo più, preferiamo comprare gelati e patatine.
Ci sediamo fuori al sole, di fronte al lago che è di un bel verde limaccioso, con la superficie che il vento increspa e cosparge di punti luminosi tanto da farla sembrare stellata, come dice Cate. Una vespa entra nel bicchiere di Cate, poi cade nella birra e annaspa per un po’. Per non farla morire Cate getta in terra la birra, e la vespa sene va a piedi barcollando. Adesso le ritirano la patente, dice un signore dietro di noi.
Sì, e poi la confiscano, in quanto Vespa.
Alle sette e mezzo a casa. E’ stata una bellissima giornata.
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