34- mercoledì 19  maggio 2010
FERRARA - Visita alla Mostra "
Da Braque a Kandinsky a Chagall
Pranzo al Ristorante Volano.
Giro delle mura antiorario fino in stazione .
Totale 10 Km

Il diario di Laura

Mercoledì 19 maggio ‘10

Destinazione            Ferrara

Partecipanti              Alba, Barbara ed Elide ( due amiche di Carla di passaggio a Bologna ), Cate, Carla, Laura  Dani,Alessandra, Patti, Sandro,     Titti  .    Isora non c’è, e non ha neanche mandato il certificato medico, dove andremo a finire…

Percorso                    abbiamo circumnavigato la città dall’alto del terrapieno, 10 km

Oggi andiamo al Palazzo dei Diamanti di Ferrara a vedere ” Da Braque a Kandinsky a Chagall “ e bisogna proprio che faccia brutto tempo su tutto l’emisfero occidentale, perché se no avremmo preso un treno o un aereo, pur di non correre il pericolo di acculturarci andando  a vedere una mostra. Prendiamo l’autobus e intanto fuori diluvia e ci si aspetterebbe di veder venire giù cani e gatti - come direbbero i miei studenti di inglese ( quelli che si impegnano, naturalmente ). Ma, quando scendiamo dal treno a Ferrara, la pioggia si è già stancata  e cade svogliatamente, con gocce rade e sottili.

Come vede la mostra Laura :La prima sala della mostra ospita opere di Braque e appena entrata sento la guida di un gruppo di visitatori che dice che sono bellissime. Meno male che me lo ha detto lei, perché da sola non sarei mai stata in grado di arrivare a questa conclusione. C’è  una scultura intitolata Imeneo, e tutti lì a domandarsi che cosa significa quella parola e Sandro dice con aria sorniona che lui lo sa, ma non è quello che pensa lui, significa sposalizio.
 Nella terza sala, veduta della mostra “ Le Surrealisme en 1947 “: sullo sfondo Superstizione – Serpente di Mirò e in primo piano una donna nuda con il seno di gomma utilizzato da Duchamp per il catalogo dell’esposizione -  messo in posizione tale che non si può non pensare a quanti problemi abbia avuto l’autore ad orizzontarsi sul corpo di una donna. Patti dice che si tratta di un processo di estraniazione, io credo invece che sia indice di confusione mentale.
 Vago  nelle sale tutta  spaesata, in questo tipo di arte non mi ci ritrovo perché ho un gusto molto antiquato e per questa ragione sono molto grata a Bonnard perché, dopo aver intitolato un quadro “ Fanciulla distesa “, mostra effettivamente una fanciulla distesa. Grazie.
 Arriviamo a Giacometti, - un inno all’anoressia, dice Sandro - e quello mi piace veramente.- D’altra parte il suo Cane ha entusiasmato  anche la nipotina di Patti -  che ha quattro anni e mezzo e ci è andata coi suoi compagni e le sue maestre – tanto che le ha ispirato un disegno. Le è molto piaciuto anche il “ mobile “ di Calder, e anche a me, e questa è la ragione per cui ho deciso di non chiedere indietro i soldi, come avevo pensato in un primo momento.


... come la vede invece Titti:
Visitare questa mostra è come vivere un’avventura cominciata già nell’altro secolo, ma in cui siamo ancora impegnati fino al collo: mi sono sentita “a casa”, coinvolta e avvolta. E’ in scena l’arte del mondo moderno in cui tutto si può osare !

A Palazzo dei Diamanti  sono in mostra un centinaio di opere , un insieme raffinato fatto soprattutto di dipinti,  ma a ripercorrere il periodo che va dall’apertura a Parigi della galleria Maeght (1945) all’inaugurazione della Fondazione omonima  a Saint-Paul de Vence (1964) troviamo anche splendide sculture, ceramiche, disegni , incisioni, fotografie d’epoca e .. a fare da filo conduttore Derrière le miroir , la rivista ricca di litografie che accompagna ogni mostra di Maeght con funzione di catalogo . Un numero di questa rivista è esposto  in ciascuna delle undici sezioni tematiche : una chicca per gli occhi e per la mente ! Ecco il nome di Maeght prima di questa mostra  non mi era proprio noto come ad esempio quello della collezionista Peggy Guggenheim, ma questa sembra che sia la prima rassegna dedicata in Italia a questa galleria ..

La visita alla mostra riesce nell’intento di restituire l’atmosfera di laboratorio di ricerca collettiva , il sentimento di amicizia, l’amore per il collezionismo e per l’editoria che animavano quel punto di incontro che era la Galleria Maeght all’epoca del secondo dopoguerra .

Mi piace ricordare : il bellissimo dipinto di Bonnard, Fanciulla distesa (Jeune fille étendue) del 1921,

bonnard fanciulla distesa

che Marguerite Maeght custodiva nella propria camera; gli imponenti e arcaici  pannelli decorativi con motivi mitologici del 1931 di Georges Braque;

la celebre e intrigante tela Superstizione – Serpente di Miró;

miró superstizione serpente

La foresta (La Forêt) del 1950 di Giacometti con il suo senso di precarietàe il  commovente disegno che ritrae la testa dell'amico Braque sul letto di morte; il colorato e gioioso Sole giallo (Soleil jaune) del 1958 di Chagall;

chagall sole giallo

 

Kandinsky Nodo rosso

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                                                   il geometrico Nodo rosso (Nœud rouge) del 1936 di Kandinsky ; l’immaginifico e scientifico Grandi code di comete (Grandes queues de comètes) del 1930 di Léger ;

Léger Code di cometa

 

Matisse Il cespuglio

il grande monumentale  Cespuglio (Le Buisson) realizzato da Matisse nel 1951 ;

Calder Gatto serpente

 l’eccentrico Gatto serpente (Le Chat serpent) dello scultore americano Alexander Calder e In piedi (Debout),  che sembra sfidare la legge di gravità. L'opera è uno dei mobiles dell'artista, termine coniato da Duchamp per qualificare le sculture cinetiche di Calder, realizzate con materiali esili e poveri, il cui movimento è attivato da un minimo spostamento d'aria ( ho fatto una scorpacciata di mobiles questo inverno nella mostra a lui dedicata al Palazzo delle Esposizioni di Roma) ;

Calder I tre soli gialli

 

 

 

la tecnica mista di Per i 70 anni di Aimé (Pour le 70 ans d'Aimé) di Mirò; la terracotta primordiale dello scultore basco Chillida Terra XXIX (Lurra XXIX) del 1979; il dipinto di Mirò  a dimensione murale del 1968, La faticosa marcia guidata dall'uccello fiammeggiante del deserto (Marche pénible guidée par l'oiseau flamboyant du désert); il magnifico mobile di Calder ispirato ad un planetario I tre soli gialli (Les Trois soleils jaunes);

 

 le drammatiche sculture Donna in piedi I (Femme debout I) e Uomo che cammina I (Homme qui marche I) del 1960 di Giacometti (una sua  statua di bronzo è stata venduta recentemente ad un’asta da Sotheby's per 65 milioni di sterline - circa 74,4 milioni di euro- il prezzo più alto mai pagato al mondo per un'opera d'arte). Titti

Giacometti Uomo che cammina I

Giacometti Donna in piedi I

(le immagini sono tratte dal sito ufficiale della mostra)

Al bookshop  comperiamo delle tovagliette  plastificate e quella di Cate è così carina che, avendola dimenticata poi sul treno, non la ritroverà più.
 Usciamo e c’è il sole. Cantiamo in coro che Sandro è un bravo ragazzo e nessuno lo può negar, poi gli consegniamo il catalogo della mostra, che abbiamo preso per lui. Dani si congeda  perché ha degli impegni e deve tornare a casa . Resta con noi a mangiare i tortello…  ,diciamo noi e non facciamo in tempo a finire la parola, che già ha cambiato idea e si è convinta a restare. Andiamo a piedi alla Trattoria Volano, dove siamo già stati e dove ci siamo trovati bene. Appena entrati, sulla sinistra, c’è una specie di altare barocco sfavillante di ceri e uova colorati, fiori secchi, di cera e di vetro, in un insieme che fa venire il capogiro. Le pareti  delle varie stanze poi sono un inno all’horror vacui, non c’è un centimetro libero.
 Per mangiare mangiamo bene, ma alla fine il conto ci lascerà un po’ perplessi: 28 euro, e abbiamo preso solo due secondi in tutto.
 Usciamo, salutiamo Dani e Patti che vanno a prendere il treno perché hanno da fare, e cominciamo la passeggiata sul terrapieno. Dopo un po’ le amiche di Carla ci lasciano, rientrando in città.
 Noi proseguiamo con passo molto rilassato, chiacchierando e ammirando il paesagggio – come raccomanda Novella.
 Poi ci sediamo al sole  e stiamo lì per un bel po’, fin che Sandro dice che è ora di andare, abbiamo solo un quarto d’ora per prendere il treno delle cinque e mezzo. Affrettiamo il passo, quasi quasi accenniamo a correre, ma a un certo punto ci rendiamo conto che non ce la faremo, se è in orario il treno starà già partendo. Ma non ci perdiamo d’animo, continuiamo a camminare veloci  e quando arriviamo in stazione, eccolo lì il treno che ci aspetta e parte solo dopo che l’ultimo di noi è salito – senza obliterare i biglietti naturalmente, ma poi una volta saliti andremo dal bigliettaio a farceli vidimare. A casa alle sette.

 

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