Il diario di Laura
Mercoledì 19 maggio ‘10
Destinazione Ferrara
Partecipanti Alba, Barbara ed Elide ( due amiche di Carla di passaggio a Bologna ), Cate, Carla, Laura Dani,Alessandra, Patti, Sandro, Titti . Isora non c’è, e non ha neanche mandato il certificato medico, dove andremo a finire…
Percorso abbiamo circumnavigato la città dall’alto del terrapieno, 10 km
Oggi andiamo al Palazzo dei Diamanti di Ferrara a vedere ” Da Braque a Kandinsky a Chagall “ e bisogna proprio che faccia brutto tempo su tutto l’emisfero occidentale, perché se no avremmo preso un treno o un aereo, pur di non correre il pericolo di acculturarci andando a vedere una mostra. Prendiamo l’autobus e intanto fuori diluvia e ci si aspetterebbe di veder venire giù cani e gatti - come direbbero i miei studenti di inglese ( quelli che si impegnano, naturalmente ). Ma, quando scendiamo dal treno a Ferrara, la pioggia si è già stancata e cade svogliatamente, con gocce rade e sottili.
Come vede la mostra Laura
:La prima sala della mostra ospita
opere di Braque e appena entrata sento la guida di un gruppo di visitatori che
dice che sono bellissime. Meno male che me lo ha detto lei, perché da sola non
sarei mai stata in grado di arrivare a questa conclusione. C’è una scultura
intitolata Imeneo, e tutti lì a domandarsi che cosa significa quella parola e
Sandro dice con aria sorniona che lui lo sa, ma non è quello che pensa lui,
significa sposalizio.
Nella terza sala, veduta della mostra “ Le Surrealisme en 1947 “: sullo
sfondo Superstizione – Serpente di Mirò e in primo piano una donna nuda con il
seno di gomma utilizzato da Duchamp per il catalogo dell’esposizione - messo in
posizione tale che non si può non pensare a quanti problemi abbia avuto l’autore
ad orizzontarsi sul corpo di una donna. Patti dice che si tratta di un processo
di estraniazione, io credo invece che sia indice di confusione mentale.
Vago nelle sale tutta spaesata, in questo tipo di arte non mi ci ritrovo
perché ho un gusto molto antiquato e per questa ragione sono molto grata a
Bonnard perché, dopo aver intitolato un quadro “ Fanciulla distesa “, mostra
effettivamente una fanciulla distesa. Grazie.
Arriviamo a Giacometti, - un inno all’anoressia, dice Sandro - e quello mi
piace veramente.- D’altra parte il suo Cane ha entusiasmato anche la nipotina
di Patti - che ha quattro anni e mezzo e ci è andata coi suoi compagni e le sue
maestre – tanto che le ha ispirato un disegno. Le è molto piaciuto anche il “
mobile “ di Calder, e anche a me, e questa è la ragione per cui ho deciso di non
chiedere indietro i soldi, come avevo pensato in un primo momento.
... come la vede invece
Titti:
Visitare questa mostra è come vivere un’avventura cominciata già nell’altro
secolo, ma in cui siamo ancora impegnati fino al collo: mi sono sentita “a
casa”, coinvolta e avvolta. E’ in scena l’arte del mondo moderno in cui tutto si
può osare !
A Palazzo dei Diamanti sono in mostra un centinaio di opere , un insieme raffinato fatto soprattutto di dipinti, ma a ripercorrere il periodo che va dall’apertura a Parigi della galleria Maeght (1945) all’inaugurazione della Fondazione omonima a Saint-Paul de Vence (1964) troviamo anche splendide sculture, ceramiche, disegni , incisioni, fotografie d’epoca e .. a fare da filo conduttore Derrière le miroir , la rivista ricca di litografie che accompagna ogni mostra di Maeght con funzione di catalogo . Un numero di questa rivista è esposto in ciascuna delle undici sezioni tematiche : una chicca per gli occhi e per la mente ! Ecco il nome di Maeght prima di questa mostra non mi era proprio noto come ad esempio quello della collezionista Peggy Guggenheim, ma questa sembra che sia la prima rassegna dedicata in Italia a questa galleria ..
La visita alla mostra riesce nell’intento di restituire l’atmosfera di laboratorio di ricerca collettiva , il sentimento di amicizia, l’amore per il collezionismo e per l’editoria che animavano quel punto di incontro che era la Galleria Maeght all’epoca del secondo dopoguerra .
Mi piace ricordare : il bellissimo dipinto di Bonnard, Fanciulla distesa (Jeune fille étendue) del 1921,
che Marguerite Maeght custodiva nella propria camera; gli imponenti e arcaici pannelli decorativi con motivi mitologici del 1931 di Georges Braque;
la celebre e intrigante tela Superstizione – Serpente di Miró;
La foresta (La Forêt) del 1950 di Giacometti con il suo senso di precarietàe il commovente disegno che ritrae la testa dell'amico Braque sul letto di morte; il colorato e gioioso Sole giallo (Soleil jaune) del 1958 di Chagall;
il geometrico Nodo rosso (Nœud rouge) del 1936 di Kandinsky ; l’immaginifico e scientifico Grandi code di comete (Grandes queues de comètes) del 1930 di Léger ;
il grande monumentale Cespuglio (Le Buisson) realizzato da Matisse nel 1951 ;
l’eccentrico Gatto serpente (Le Chat serpent) dello scultore americano Alexander Calder e In piedi (Debout), che sembra sfidare la legge di gravità. L'opera è uno dei mobiles dell'artista, termine coniato da Duchamp per qualificare le sculture cinetiche di Calder, realizzate con materiali esili e poveri, il cui movimento è attivato da un minimo spostamento d'aria ( ho fatto una scorpacciata di mobiles questo inverno nella mostra a lui dedicata al Palazzo delle Esposizioni di Roma) ;
la tecnica mista di Per i 70 anni di Aimé (Pour le 70 ans d'Aimé) di Mirò; la terracotta primordiale dello scultore basco Chillida Terra XXIX (Lurra XXIX) del 1979; il dipinto di Mirò a dimensione murale del 1968, La faticosa marcia guidata dall'uccello fiammeggiante del deserto (Marche pénible guidée par l'oiseau flamboyant du désert); il magnifico mobile di Calder ispirato ad un planetario I tre soli gialli (Les Trois soleils jaunes);
le drammatiche sculture Donna in piedi I (Femme debout I) e Uomo che cammina I (Homme qui marche I) del 1960 di Giacometti (una sua statua di bronzo è stata venduta recentemente ad un’asta da Sotheby's per 65 milioni di sterline - circa 74,4 milioni di euro- il prezzo più alto mai pagato al mondo per un'opera d'arte). Titti
(le immagini sono tratte dal sito ufficiale della mostra)
Al bookshop
comperiamo delle tovagliette plastificate e quella di Cate è così carina che,
avendola dimenticata poi sul treno, non la ritroverà più.
Usciamo e c’è il sole. Cantiamo in coro che Sandro è un bravo ragazzo e
nessuno lo può negar, poi gli consegniamo il catalogo della mostra, che abbiamo
preso per lui. Dani si congeda perché ha degli impegni e deve tornare a casa .
Resta con noi a mangiare i tortello… ,diciamo noi e non facciamo in tempo a
finire la parola, che già ha cambiato idea e si è convinta a restare. Andiamo a
piedi alla Trattoria Volano, dove siamo già stati e dove ci siamo trovati bene.
Appena entrati, sulla sinistra, c’è una specie di altare barocco sfavillante di
ceri e uova colorati, fiori secchi, di cera e di vetro, in un insieme che fa
venire il capogiro. Le pareti delle varie stanze poi sono un inno all’horror
vacui, non c’è un centimetro libero.
Per mangiare mangiamo bene, ma alla fine il conto ci lascerà un po’
perplessi: 28 euro, e abbiamo preso solo due secondi in tutto.
Usciamo, salutiamo Dani e Patti che vanno a prendere il treno perché hanno
da fare, e cominciamo la passeggiata sul terrapieno. Dopo un po’ le amiche di
Carla ci lasciano, rientrando in città.
Noi proseguiamo con passo molto rilassato, chiacchierando e ammirando il
paesagggio – come raccomanda Novella.
Poi ci sediamo al sole e stiamo lì per un bel po’, fin che Sandro dice
che è ora di andare, abbiamo solo un quarto d’ora per prendere il treno delle
cinque e mezzo. Affrettiamo il passo, quasi quasi accenniamo a correre, ma a un
certo punto ci rendiamo conto che non ce la faremo, se è in orario il treno
starà già partendo. Ma non ci perdiamo d’animo, continuiamo a camminare veloci
e quando arriviamo in stazione, eccolo lì il treno che ci aspetta e parte solo
dopo che l’ultimo di noi è salito – senza obliterare i biglietti naturalmente,
ma poi una volta saliti andremo dal bigliettaio a farceli vidimare. A casa alle
sette.
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