IL DIARIO DI LAURA
Mercoledì 21 maggio 2014
Destinazione cascate di Labante poi giro per sentieri lì attorno stando bene attenti a salire fino in cima alle colline per poi scendere fino a valle ripetutamente
Partecipanti Anna Po, Camilla, Cate, Gabri, Iso, Laura, Lucia, Miriam, Patti, Pino, Sandro, Umberto
Durata variabile, dalle quattro alle cinque ore
Oh giornate del nostro riscatto / o dolente per sempre colui / che da lungi dal
labbro d’altrui / come un uomo straniero le udrà / che ai suoi figli narrandolo
un giorno / dovrà dire “ Purtroppo io non c’era / che’ la santa vittrice
bandiera ( rossa ? o rosa? ) / salutata quel dì non avrà . Che cosa ci ha a che
fare Manzoni con la passeggiata di mercoledì scorso? Niente, ma oggi, 26 maggio
2014 , mi metto a scrivere e invece vorrei lanciare grida di esultanza,
intrecciare danze, ridere e abbracciare i passanti. Voi sapete perché. Ma
torniamo alla passeggiata. Alle nove meno un quarto alla Meridiana. Un caffè e
via. Salgo in macchina con Iso e Gabri la quale per tutto il percorso parla
ininterrottamente e con voce stentorea esprimendo opinioni con cui sono in
completo disaccordo, così che quando scendiamo sono già stanca, chissà come farò
a fare la passeggiata. Arriviamo a Labante. Siccome Iso deve tornare a casa
presto, lei e Sandro tornano indietro con due macchine per portare la mia in una
posizione che ci permetta di risparmiare qualche chilometro. Quando ritornano,
scendiamo alle cascate. Bellissime come sempre ma siccome da una volta all’altra
me le dimentico, mi sorprendono sempre moltissimo per la loro bellezza, come la
prima volta - e questo è uno dei lati positivi dell’Alzheimer. L’ acqua cade
dalle rocce muscose in sottili rivoli d’argento scintillanti, immagine di una
leggerezza assoluta. Poi ti sposti di fronte al corpo centrale e le rocce
sembrano un animale preistorico con le fauci spalancate e i rivoli d’acqua che
formano i denti. Visitiamo le due grotte, poi cominciamo a salire e scendere
sentieri. Quando gli alberi si diradano, compare un bellissimo paesaggio
primordiale, che pare non essere stato mai toccato dall’uomo. A mezzogiorno ci
fermiamo a Castellaccio D'Affrico, in una corte dove restiamo un po’ a
riposarci. C’è una grande meridiana, che segna le undici, perché nessuno l’ha
informata che è scattata l’ora legale. Prendiamo un sentiero che ci permette di
guardare Palazzo d’Affrico dall’alto, molto grazioso, poi riprendiamo il
cammino.
Cos’è quel monte? Chiede incautamente Umberto. Due maroni, risponde Sandro,
perché il monte suddetto è il Vigese. E però come si fa a riconoscerlo, dato che
si è travestito da Machu Pichu? Oltrepassiamo una casa abitata e Gabri, che non
si è portata dietro né da bere né da mangiare – perché non legge mai il blog e
oggi mi romperà le scatole tutto il tempo perché non l’ho avvertita che si fa il
picnic- si ferma a chiedere dell’acqua. La signora le da’ una bottiglia grande
di acqua minerale e dopo Gabri si pentirà di non averle chiesto anche un
cosciotto d’agnello. Continuiamo la passeggiata. Il sole è caldo e sudiamo
nonostante siamo vicini ai 700 metri. All’una ci fermiamo per mangiare,
all’ombra. Finito di mangiare, brindiamo al compleanno di Sandro che è appena
passato, poi ce ne stiamo lì a chiacchierare e alcuni a dormire al sole.
Cominciamo poi una discesa impegnativa, intralciata da tronchi messi di
traverso. E poi non si sa se quello che stiamo seguendo è un sentiero oppure no.
Torniamo indietro, Laura non ce la può fare! dice qualcuno – sì, fra cinque
anni, dopo aver fatto la camminata, andrò a trovarli ai giardini Margherita dove
si staranno trascinando stancamente. Ed ecco che si trova subito chi vuole
tornare indietro e però non vuole fare la figura della desolina e allora dice
che vuol farlo per tenermi compagnia ( il suo nome comincia per Camilla). Come
Dio vuole troviamo il sentiero, scendiamo a valle, attraversiamo un torrentello
e arriviamo alla strada asfaltata. Dopo poco il gruppo si divide. Io, patti,
Iso, Camilla e Gabri raggiungiamo la mia macchina e ce ne torniamo a casa,
mentre gli altri proseguiranno per un’altra ora. E’ stata una gran bella
giornata. Lo dico sottovoce, che non sentano le mie ginocchia, che avrebbero
molto da ridire.