11 febbraio 2009
- Tentativo mal riuscito Via Romea da Castelfranco
- Marano- Rodiano - Trattoria Leonelli - Denzano - rio Faellano - Marano  
15 KM

Aborto del Sentiero Romeo Nonantolano, con assenza segnali all'altezza della nuova tangenziale.
Poi da Marano su asfalto a Rodiano, poi su sterrata-misto fino a Denzano . Quindi discesa su strada asfaltata lungo la valle del torrente Faellano

Il Diario di Laura

Merc  10 febb ‘09

 Percorso            Castelfranco – Romea Nonantolana – Marano – Rodiano – Denzano

Partecipanti              Cate, Isa, Iso, Gio, Dani, Alba, Sandro, Regina, Laura

Durata                      Quattro ore e mezzo

Lunghezza                14 chilometri e mezzo

 

Alle nove meno un quarto da Cate. Partiamo con due macchine, ci fermiamo alla Muffa per fare colazione e lì io ed Alba ci azzuffiamo su chi deve andare in macchina con chi. Gli altri si preoccupano un po’, ma noi facciamo subito la pace, perché stanotte andremo a rubare insieme, come i ladri di Pisa.
 A Castelfranco, appena scendiamo veniamo travolti da un vento gelido. I rari passanti ci guardano stupiti, probabilmente è la prima volta che un gruppo di escursionisti passa di qui. Ci avviamo alla ricerca della Romea Nonantolana perduta.
 Il sentiero tergiversa, andando qua e là, preferibilmente parallelo a una strada di grande traffico, poi si estingue contro un terrapieno. Torniamo indietro per vedere dove abbiamo sbagliato e poco a poco ci ritroviamo alla macchina. Sono le 11 e per quanto mi riguarda, dato che abbiamo già camminato per tre quarti d’ora, potremmo anche andare al ristorante. Ma Sandro non è d’accordo. Saliamo in macchina, partiamo e noi, nella macchina di Gio, ci accodiamo, tallonando gli altri. Per un po’ non riusciamo a capire dove stiamo andando- ma non lo sa neanche Sandro, si intuisce dalle luci dei freni che si accendono in continuazione nella strada deserta. Ci dirà poi che stava cercando di intercettare il sentiero. Ma la ricerca finirà nell’aia di una casa dove  ci arrendiamo, cambiamo itinerario e ci dirigiamo  verso Marano.
Il tempo è quasi bello – e pensare che il nostro metereologo preferito aveva detto che avrebbe anche potuto nevicare.
Ci fermiamo un po’ prima di Marano per decidere dove andare tenendo conto del fatto che chi non ha male alla schiena ha male alle ginocchia oppure al nervo sciatico. Il sentiero lungofiume è tutto infangato e quindi impraticabile, così optiamo per Rodiano. A Marano parcheggiamo e iniziamo la passeggiata. E’ quasi mezzogiorno.
La strada asfaltata sale molto dolcemente, per rispetto verso le nostre schiene, gambe e ginocchia dolenti. Il paesaggio sulla sinistra è punteggiato di piccoli stagni che – dice Sandro – servono per far fare il surf alle mucche.
A destra delle cime innevate che dirvi non so e, sullo sfondo, le Alpi. C’è un sole caldo e, nelle zone sottovento, ci copriamo di un velo di sudore che ghiaccia rapidamente non appena entriamo in una zona esposta al vento.
Alba ha preso un appuntamento con la dietologa e questo la fa sentire con la coscienza a posto, così oggi a tavola potrà strafocarsi in pace. Ha delle idee strane sull’alimentazione, secondo lei “ colazione bilanciata”, significa aprire  le braccia con un bombolone in una mano e una brioche nell’altra e dondolarli.
Sandro fa l’asino, facendo profferte amorose a destra e a manca. Un giorno gli diremo di sì per il piacere di vederlo scappare come un leprotto. Poco dopo l’una siamo seduti al ristorante di Rodiano dove, in attesa del primo, inganniamo il tempo spalmando il lardo delle tigelle sui grissini, rotolandoli poi nel parmigiano . Finalmente arriva il bis di maccheroni al torchio e tortelloni, e sono buonissimi. Poi gnocco, tigelle, coniglio. Sparliamo di tutti, tutti i nostri colleghi.
Quando lo racconteremo ad Anna Mod, e lei ci chiederà “ Anche di me?”, dovremo ammettere che purtroppo di lei no, ce ne siamo dimenticati..
Alle tre paghiamo – 17 euro, un prezzo veramente onesto.
Prendiamo per Denzano, che dista due lunghi chilometri – lunghi nel senso che più camminiamo più lui sembra allontanarsi. Alla fine però ci arriviamo. Il paese sembra disabitato, ma ci accoglie un botolo che ringhia e strepita avanzando minacciosamente verso di noi. Ci stringiamo a coorte e avanziamo cantando a squarciagola il De Guello e finalmente si allontana.
La chiesa ha una bella abside del XII secolo, che somiglia a quella del Duomo di Modena, fatta probabilmente da un allievo di Lanfranco. E di fronte c’è una torre del Trecento. Ci sediamo un po’ al sole e Sandro si mette per conto suo perché – dice – vuole recuperare la sua mascolinità, che se no va a finire che comincia a parlare in falsetto.
Per tornare alle macchine prendiamo una strada interrotta al traffico, ma ci va fatta bene, perché incontreremo solo piccole frane per niente pericolose. Arrivati sul fondovalle, sulla sinistra bei calanchi e una strana parete con scanalature bucherellate che capiremo poi essere una cava. A casa alle sei e mezzo. Quando arrivo scopro con raccapriccio che Patti non c’è, e io ho dimenticato le chiavi. Passeggio avanti e indietro nervosamente per un’ora, poi finalmente arriva. E’ andato a consegnare un quadro - o almeno così dice.