6 - mercoledì 27 ottobre 2010
Monteacuto delle Alpi - Sent. 113 - raccordo sent. 111- La Caffa - Sosta pranzo - ritorno sent 111
ORE 3  disl. 300 m     5 Km

Percorso prevalentemente su vecchia mulattiera. Imboccato sentiero 113 poi raccordo verso Ca de Prati , prima sterrata poi sentiero disagevole, fino al sent 111, che seguiamo fino al valico della Caffa. Ritorno tutto sul sent 111. Tempo prima variabile poi sereno, con tramontana. Neve verso i 1200 m.
Partecipanti: 1.Sandro,2.Cat,3.Isora,4.Laura, 5.Claudio, 6.Carla, 7.Titti,8.Anna Ch,9. Luisa, 10. Gio, 11.Alba, 12 Umberto,13 Danila

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL DIARIO

Mercoledì 27 ottobre ‘10

 Destinazione            Monte Acuto delle Alpi

Partecipanti             Alba, Anna Ch, Cate , Carla, Dani, Gio, Iso, Laura, Luisa, Patti, Sandro, Titti, Umberto –

                                   siamo ancora in tredici, uffa          

Durata                      3 ore

Dislivello                  300 metri

Temperatura          polare

 Alle nove meno un quarto da Cate. Sandro ci ha promesso che oggi ci porterà a camminare sulla neve, che bello! Partiamo con tre macchine e Umberto prende la sua perché aspettiamo che da un momento all’altro nasca il suo secondo nipotino, nel qual caso ci abbandonerebbe dovunque ci capitasse di trovarci, lasciandoci a piedi – Era già successo due anni fa, nella gita a Pianaccio, che Melita era tornata a casa per conto suo lasciando uno di noi a proseguire con mezzi di fortuna ( Vedi il diario del 22 ottobre ’08 ).
 Prima di partire invito Anna a prepararsi a sostituirmi nella stesura del diario quando non  vado in passeggiata, e le do le dritte fondamentali: 1) registrare solo quanto serva a mettere lo scrivente in buona luce   2) inventare quando non si ricorda, oppure non è successo niente   3) consegnare il diario dopo mesi   ecc.
 Arriviamo  a Monte Acuto delle Alpi verso le 11. Il paesaggio è imponente e bellissimo: di fronte a noi il Balzo del Fabuino  che sembra un pandoro tutto spolverizzato di zucchero a velo . Dietro c’è La Nuda col cocuzzolo tutto coperto di neve che brilla al sole, e di lato il Corno. E qua e là belle macchie di giallo. Cerchiamo il sentiero 111, che si è nascosto abilmente e che raggiungiamo alla fine dopo aver tagliato qua e là per i prati. Fa un freddo tremendo ( due o tre gradi ) e per di più alcuni di noi, fra cui io, hanno dimenticato a casa i guanti. Dapprincipio abbiamo le mani gelate, ma dopo un bel po’ di salita, il sangue riesce ad arrivare alle dita e possiamo smettere di cercare di scaldarle alitandoci sopra.
 Il sentiero – tutto ingombro di uno spesso strato di foglie rosse - si snoda nel bosco, prima fra i castagni tutti contorti che sembrano la pubblicità del male di vivere; poi si passa ai faggi,e sembra di essere in una immensa navata di chiesa con colonne bianche, alte e snelle che protendono al cielo un ciuffo di foglie d’oro. E sopra un cielo del più bell’ azzurro. Poi comincia la neve, giusto una spolverata sul terreno, ma abbastanza perché cada giù a balocchi dai rami mentre si scioglie al sole, e ci si infili nel coppetto.
  Poco dopo l’una ci fermiamo per il pranzo al sacco, ai piedi di una roccia che Cate e Sandro si affrettano a scalare , seguiti da Patti e Umberto. Noi altre ci cerchiamo un sasso da sederci, dopo averlo liberato dalla neve. Patti torna , mangia e poi insiste  che vada con lui sul pianoro roccioso da un sentiero più facile che sa lui. Alla fine cedo e lo seguo, mentre Alba e Carla cercano di dissuadermi cantando “ E le voleva bene, tanto bene, tanto bene, bene da morir “. Malfidate. Il sentiero si rivelerà un po’ più facile che arrampicarsi sulla nuda roccia, ma ci mettiamo un sacco di tempo ad arrivare su, scivolando qua e là. In cima il paesaggio è  strepitoso. Le montagne sono lì che pare di poterle toccare con la mano, in tutta la loro maestosa bellezza accesa dal sole. Poi cominciamo la discesa, che un po’ fa paura, mentre da sotto si sente un vociare, evidentemente gli altri vogliono ripartire. Gli diciamo di andare avanti, e lo faranno. Solo Iso e Umberto rimangono ad aspettarci, dirigendo dal basso la nostra discesa. Amichevole sollecitudine ? No, confesseranno poi che volevano evitare di passare il resto della giornata a cercare i nostri corpi.
 Nella discesa verso Monteacuto  il sentiero si fa più insidioso e si scivola che è un piacere. Poco dopo le tre siamo in paese: ci abbiamo messo solo un’ora,mentre per salire ce ne sono volute due, sicuramente perché, una volta imboccato il sentiero , non lo abbiamo lasciato più. Arrivati al paese, lo visitiamo, ed è molto grazioso anche se pare S. Francisco nell” Ultima  spiaggia “. Anche la trattoria e il negozio di alimentari sono chiusi. A un certo punto un sentiero scende a valle e Sandro ricorda che è da lì che arrivammo la volta che Patti fu sottoposto al rito di iniziazione consistente in sette ore di cammino, e gli era venuta una crisi ipoglicemica  e strisciava per terra e arrivammo in paese mentre annottava e suonammo a una casa per farci dare dello zucchero. Patti non gli par vero di far l’asino e comincia a mimare  l’arrivo carponi di tanti anni fa.
Arriviamo alla chiesa – bella e spoglia - e ci sediamo al sole  a farci fotografie. L’aria si è scongelata, e si sta bene: Sandro dice che ci sono 19 gradi. Ci riposiamo un po’, poi torniamo alle macchine e partiamo.
Ci fermiamo in un bar a Lizzano in Belvedere e lì ci mangiamo la torta e stappiamo lo spumante per festeggiare il mio compleanno. Viene recitato anche un brano alla cui stesura hanno contribuito Anna e Carla , con la partecipazione straordinaria di Dante Alighieri:

Tanto gentile e tanto arguta pare / Lauretta mia (1) quand’ella altrui saluta / ch’ogni lingua deven tremando muta / udendo li strali suoi arrivare (2)

Ella si va, lasciandosi guidare / propriamente da trekking vestuta / e par seguir una cosa (3) venuta / dal cielo in terra a sentier mostrare

Mostrasi sì docente a chi la mira / che lingu’inglese dona a tutte l’ore / che intender no la può chi lei non prova (4)

E par che dalle sue mani si mova / un poter soave e pien d’amore / ch’allontanando va dolore et ira

 

(1) mia si riferisce all’io poetico, il Camminaemangia                                                                                                                    

(2) tra i più amati si noverano “ Che Dio ti ammazzi “ e  “ Che Dio ti strafulmini “

(3) trattasi sicuramente di San Dro

(4) iperbole usata per esigenze metriche

Finite le celebrazioni si torna a casa. In macchina ci profondiamo in lodi appassionate della giornata, ma Umberto dice che non è rimasto soddisfatto del pranzo. Gli facciamo però notare l’ottimo rapporto qualità – prezzo. A casa alle sette – noi, perché quelli delle altre due macchine, fermatisi a comperare del formaggio, incapperanno nella partita e arriveranno alle otto. E’ stata una bellissima giornata.

 

 

 

EVENTO MEMORIA: il crollo di Pattarin

... la vista si offuscò!