diario di Senofonte
Destinazione Firenze : Mostra degli iris
1) Partecipanti normali Anna Ch, Cate, Dani, Carla, Angela , Camilla, Lucia, Luisa, Patti, Sandro, Iso,Anna Po
2) Partecipanti diversamente ambulanti :Gio, Giulio, Isa, Laura
Durata gruppo 1) : 1 ora e mezzo gruppo 2): 45 minuti
Alle nove meno
un quarto da Cate. Con due macchine raggiungiamo la stazione di Vado. Tutti
abbiamo già il biglietto, tranne Anna P che va a farlo. “ Vado Firenze e
ritorno”, dice. “ Faccia pure “ dice l’edicolante, equivocando.
Sul treno troviamo tutto il resto della compagnia che viene dalla stazione
centrale di Bologna o da S. Ruffillo. Baci e abbracci. Come se non ci fossimo
visti ieri. Ci dicono che quando sono saliti sul treno c’era una puzza tremenda
e hanno dovuto aprire tutti i finestrini: doveva essere una carrozza di
sinistra.
E’ una giornata bellissima e fa molto caldo. Io ho una maglia pesante ,
due allacciate in cintura e sudo vistosamente. Bisognerebbe fare un corso
accelerato sulle stagioni, dice Isa. Dopo un po’, Cate e Isa si mettono a
chiacchierare con una ragazza spagnola che è qui per ragioni di studio, mentre
Iso e Patti parlano fitto fitto con un signore inglese. Mi allontano per non
farli sentire a disagio, ma ho la sgradevole sensazione che queste
conversazioni non abbiano favorito il difficile processo di comprensione fra i
popoli.
A Prato arriviamo con un leggero ritardo, ma fortunatamente riusciamo a
prendere la coincidenza.
A Firenze ci fermiamo a fare colazione nel bar di fronte alla stazione,
stiamo un bel po’ lì a chiacchierare come se non avessimo assolutamente niente
da fare, poi ci avviamo senza fretta verso il centro.
Arriviamo alla chiesa di S. Trinita, una delle più belle chiese gotiche
fiorentine, eretta nella seconda metà del Trecento.L’interno è nobile e severo,
a tre navate su pilastri con archi acuti e crociere. Custodisce varie opere
d’arte, a sentire la guida, ma noi non faremo a tempo a controllare se è vero,
perché sono le dodici meno cinque e il sacrestano ci invita perentoriamente a
uscire. Però facciamo in tempo a gettare una lunga occhiata alla bellissima pala
del Ghirlandaio a destra dell’altar maggiore ( o a sinistra, dipende da come vi
mettete davanti all’altare ).
Arriviamo a S. Maria del Carmine e visitiamo la Cappella
Brancacci, affrescata da Masolino e Masaccio e completata da Filippino Lippi.
Una bellezza assoluta. Mentre sto guardando la Cacciata dal Paradiso, vengo
colta da una strana sensazione e mi sembra di svenire. Oddio, vuoi vedere che la
brioche che ho mangiato al bar era andata a male? Ah, no, per fortuna, è solo la
sindrome di Stendhal.
Usciamo e ci dirigiamo verso Bordino, dove arriviamo che sono quasi le
due. Anche se non avevamo prenotato ci trovano posto ugualmente, non tutti
assieme pero’. Io e Iso ci eravamo riproposte di contrattare sul prezzo ma,
quando vediamo che ci sono due menu, uno a dieci e uno a sette euro, ci manca il
coraggio. Mangiamo pappa al pomodoro, spiedini, asparagi, tutto buono. Brindiamo
all’anniversario di matrimonio di me e Patti, mangiamo poi usciamo lanciando
occhiate lascive al carrello dei dolci bellissimi, a cui però siamo riusciti a
resistere. Sandro dice che la fermata dell’autobus che porta a Piazzale
Michelangelo è circa lontana quanto la strada per arrivarci camminando, e
quindi ci avviamo tutti a piedi, anche noi disabili. La strada però non è il
massimo : prima si sale, poi si scende, poi si sale.
Ci fermiamo sotto un grande albero per commemorare il nostro matrimonio e
gli amici cantano. Si inizia con un lui che dice che la prima cosa bella / che
ha avuto dalla vita / son le sue ( di lei ) tette sode sempre più. Poi continua:
Insieme a te sto sempre più / l’amor mio sei solo tu /guardo qua e là / ma il
confronto non ci sta. Lei risponde, sull’aria di “ Vecchio scarpone “ precisando
in modo arcigno: Son io la musa che va bene per te / Non ti azzardare a
sfarfalleggiare. Ma poi si intenerisce: C’è una dolce espressione nei suoi occhi
/ mi sta dicendo che m’ama sempre più / mi sta dicendo che io sono la sola / che
lo può sopportar per tanti anni ancor.
Finita la commemorazione, scendiamo per una stradina fiancheggiata da
muri a secco che adesso non ho voglia di descrivervi - andate a vedere i quadri
di Ottone Rosai - poi cominciamo a salire una scalinata ed ecco all’improvviso,
fra le cime degli alberi, appare uno scorcio bellissimo della città che si
crogiola al sole. Arrivati in cima alla scalinata, prendiamo un gelato poi
andiamo a visitare il giardino degli iris, un trionfo di colori e sfumature,
nessuno dei quali assomiglia neanche lontanamente a quelli naturali. La mostra è
iniziata solo dieci giorni fa, ma fa molto caldo e il sole è spietato, così
alcuni degli iris hanno ormai raggiunto una consistenza cartacea, ma per la
maggior parte sono ancora bellissimi . Io e Isa scendiamo un po’giù per il
declivio, poi ci accasciamo su una panchina a chiacchierare e studiare tutto lo
svariare di colori, i petali variamente frastagliati e il profumo delicato che
si sprigiona attorno. Sullo sfondo c’è un recinto di papaveri gialli e a
sinistra un grande cespuglio di rose selvatiche di una bellezza struggente.
Davanti a noi una ragazza americana giovane, bionda e morbidamente opulenta è
seduta in mezzo agli iris e li dipinge ad acquerello. Gli amici continuano a
scendere e racconteranno poi di un laghetto con ninfee, circondato dall’ombra
degli ulivi e dal gracidare delle rane: un’atmosfera molto poetica.
E però poi un bambinetto di non più di cinque anni cade nel laghetto, e
tutti gli astanti giu’ a ridere. Subito ripescato – e sembrava di essere a “
Scherzi a parte “ - è restato lì a guardarsi con gli occhi sgranati i
pantaloncini tutti grondanti d’acqua e a meravigliarsi della malvagità degli
esseri umani. Dopo l’incidente Anna e Carla sono rimaste lì ancora un po’ nel
caso qualcun altro cadesse nell’acqua, ma niente.
Per il ritorno ci disperdiamo in rivoli: c’è chi prende l’autobus
per andare in stazione, chi va a Rifredi a prendere un intercity, chi scende a
piedi . Io prendo l’autobus, naturalmente. Sopra l’atmosfera è rovente, ma
davanti a me è seduta una signora con una giacca trapunta. La vedo ciondolare
sempre più verso il finestrino, e poi accasciarsi, senza che nessuno intervenga
a dirle di togliersi la giacca, sempre per via della malvagità umana.
Alle sei e quaranta il grosso del gruppo prende il treno. L’arrivo a
Bologna è previsto per le otto e venti e Patti alle otto e mezzo deve essere a
Pianoro per una riunione della sua associazione così, mentre noi scenderemo a
Vado per riprendere la macchina, lui proseguirà in treno. Ma come, direte voi,
ti lascia sola proprio la sera del vostro anniversario? Sì, perché non ha
imparato niente dalla disavventura di Vito e quando vede che mi sto togliendo
una scarpa per lanciargliela, prima si sorprende un po’, poi mi chiede di
togliere almeno il plantare. Prima di scendere cerchiamo di organizzare una
festa per i compleanni della prossima settimana, ma Sandro recalcitra un po’ e
Isa dice che vuole essere festeggiata in contumacia . A casa alle otto e mezzo.