6 GIUGNO 2012 - VENEZIA
Stazione S.Lucia - Scalzi - Ponte Rialto - P.zza San Marco.
Visita mostra su Klimt al Museo Correr.
San Moise - Campo Santo Stefano: pranzo o panini.
Ponte Accademia - Zattere - Punta della Dogana - Campo Santa Margherita - P.zzale Roma - Ponte Calatrava - Stazione   
ORE 3.30    disl. 70 m   7 Km

RITORNA IL DIARIO DI LAURA

Mercoledì 6 giugno ‘12

 

Destinazione           Venezia, per vedere la mostra “ Gustav Klimt nel segno di Hoffman e della Secessione”

Partecipanti             Anna Mods, Anna P, Angela, Cate, Dani, Iso, Laura, Luisa,Miriam, Rita,  Sandro, Titti,

                                   Umberto, Cinzia ( oggi c’è un’alta percentuale di azzoppati )

Tempo                       bello, e questo - che andiamo a vedere una mostra anche se non piove - è un segnale di

                                   fine di mondo, come direbbe il dottor Stranamore

 

Alle nove nell’atrio della stazione. Baci, abbracci, sorpresa per tutte le facce nuove. Alle nove e dieci il treno parte. Anna Mods racconta che la prof di spagnolo le aveva dato un film da distribuire a noi altri , lei aveva dato la chiavetta a Umberto per visionarlo e avendogli chiesto se era in spagnolo o in inglese, lui aveva risposto che non si capiva, perché c’erano solo mugolii e sospiri : è un film porno hard. E adesso come facciamo a dirlo alla prof? Dobbiamo far finta di niente e dire che ci è piaciuto? Alle 11 siamo a Venezia.
 Ci dirigiamo verso Piazza S. Marco per stradine lontane dalla pazza folla, godendoci gli scorci più pittoreschi, facendo foto, fermandoci a comprare crescente con e senza olive nei bei panifici che incontriamo, guardando la folla multicolore che sfoggia gli abbigliamenti più vari, compresi i vestiti da sera  ( un signore molto compito indossa una giacca di taglio classico con sotto i calzoncini corti ) - il tutto muovendoci col passo che si tiene quando si visita una mostra – tanto che ci impiegheremo tre ore e mezzo ad arrivare al museo Correr. A un certo punto ci accorgiamo che manca qualcuno. Sandro torna indietro a vedere se la trova, ma niente. Il bello è che non le si può neanche telefonare, perché ha lasciato a casa il telefonino. Che fare? Dopo lunghi conciliaboli proseguiamo, sperando di trovarla al museo, come infatti accadrà. Chi è la dispersa? Siccome lei insiste inspiegabilmente per l’anonimato, le dico che darò solo qualche indizio, ad esempio che è giovane, bella e intelligente e lei è tutta contenta perché è sicura che con questa descrizione nessuno potrà mai identificarla. Prima di entrare al museo, telefono a Patti, che è rimasto a casa perché non stava bene. Speriamo che la mostra sia brutta, gli dico, così ti dispiacerà di meno di non aver potuto venire. Ma  le mie speranze verranno deluse. Per arrivare al piano della mostra dobbiamo fare alcune rampe di scala molto ripide. Capisco perché fanno il prezzo scontato agli over 65 – dice Sandro – perché non tutti arrivano in cima. La mostra presenta dipinti, rari e preziosi disegni, mobili e raffinati gioielli ( c’è una bellissima spilla quadrata con una pietra verde, che le mie amiche vorrebbero regalarmi, ma io rifiuto perché preferisco una collana ) e anche elaborate ricostruzioni di edifici. Klimt e Hoffman, l’artista e l’architetto, furono accomunati dalla spasmodica tensione verso l’arte totale, in  cui architettura, pittura e arti applicate si mescolarono fino a diventare fra loro inscindibili.
 Klimt è il pittore più rappresentativo dell’art nouveau. Partito da una formazione artistica ancora tradizionale , diviene uno dei massimi esponenti della Secessione viennese. In lui prevalgono il simbolo, l’evocazione della realtà, piuttosto che la sua rappresentazione ; la linea elegante, morbida e sinuosa, la bidimensionalità delle forme, l’accostamento sapiente dei colori, il preziosismo, in una fusione e in un assorbimento delle più svariate componenti, che vanno dalla conoscenza dei  mosaici di Ravenna ( fulgore e divisionismo cromatico, superamento della realtà, assenza di volumetria ) fino alle più recenti acquisizioni artistiche ( simbolismo, decadentismo ) e psicanalitiche ( l’espressione dell’inconscio attraverso il segno pittorico ). Ma l’arte di Klimt non è tutta o soltanto espressione di un mondo interiore morbosamente angosciato, come appare in molte sue opere: egli è capace di rendere anche l’ultima magica poesia di un bel paesaggio o la forza interiore che emana dai visi di alcuni ritratti femminili. Nell’esposizione sono presenti altri pittori suoi contemporanei, ma lui svetta su tutti, soprattutto per i suoi bellissimi ritratti ma anche per il girasole che chiude la mostra, accompagnato da una bella poesia di Novalis:
Noi sogniamo di viaggiare per l’universo / ma l’universo non è forse in noi? / Le profondità dello spirito ci sono ignote / il misterioso cammino va verso l’interno / In noi o in nessun altro luogo è l’eternità / con i suoi mondi, il passato e l’avvenire”.
I quadri sono bellissimi, ma non tanti quanti ne vorremmo, cosicchè quando arriviamo alla fine della mostra, la tristezza ci assale, ma come, è già finita? Nel percorso verso l’uscita incontriamo una sala con belle statue di Canova. Soprattutto una attrae la nostra attenzione, quella di Paride, evidentemente di ritorno da una gita in campagna, perché è tutto cosparso di puntini neri in rilievo, chiaramente delle zecche. Sandro invece si ferma – chissà perché – davanti a un quadro intitolato “ Vaginari “ – chi fossero rimarrà un mistero, perché ho cercato in internet, ma l’accesso mi è stato negato.
 Usciamo e, mentre aspettiamo che arrivino tutti, ci fermiamo davanti a un negozio che espone vetri di Murano: rimaniamo colpiti soprattutto da una lampada a forma di vaso di fiori. Non ci dispiace, ma siamo un po’ trattenuti dal prezzo, 8.500 euro. Ma se ci facessero un po’ di sconto? Siccome sono già le tre, andiamo alla ricerca di un posto dove mangiare qualcosa. Giriamo un bel po’, perché i prezzi sono troppo alti, ma alla fine troviamo un’osteria dove ci fermiamo in otto, mentre gli altri ci aspettano in una piazzetta lì vicino mangiando i panini portati da casa. In attesa che ci portino quello che abbiamo ordinato – su tutto spiccherà un ottimo fritto di pesce – parliamo della festa di ieri sera, dove il Claudio della Sonia ha mangiato dieci grossi spicchi di aglio dolcissimo prima di capire che non erano funghetti. Se mangi tanto aglio le zanzare non ti toccano, dice una. Ma neanche gli uomini, dice un’altra.
  Alle quattro raggiungiamo gli altri e riprendiamo a camminare. Entriamo in un negozio di oggetti di vetro – dove Angela comprerà un bell’anello blu – e, quando ricordo agli altri che bisogna sbrigarsi, il proprietario mi spinge fuori perché dice che sono negativa. Arriviamo alla punta della Dogana di mare, piccolo triangolo in fondo al sestiere di Dorsoduro. L’edificio è stato restaurato da Tadao Ando, un architetto giapponese minimalista. Appartiene a Pinault, un collezionista d’arte e magnate della moda francese che possiede anche Palazzo Grassi. Attualmente il palazzo ospita una mostra intitolata Elogio del dubbio, che non ci viene neanche il dubbio di visitare perché costa 15 euro. Nell’estremità della punta c’è la grande statua bianca  di un bambino che regge una rana. E’ di gesso?, chiediamo all’agente che sta di guardia. No, di metallo dipinto, ma non ha avuto voglia di informarsi su che cosa rappresenti.
 Dopo aver discusso un po’ ci separiamo, in due gruppi rigorosamente uguali di sei donne e un uomo e ci diamo appuntamento in stazione. Comincia a essere tardi, quindi io e il mio gruppo allunghiamo di molto il passo, perché vogliamo arrivare fino al ponte di Calatrava. Ci arriviamo – è al di sotto delle mie aspettative , ma agli altri piace - lo percorriamo e ci precipitiamo verso la stazione, dove arriviamo qualche minuto prima della partenza del treno. Poi arriva l’altro gruppo, che fa finta di non aver rischiato di perderlo. Sul treno faccio un sondaggio sul ponte. Angela dice che Calatrava ha sbagliato i calcoli e alla fine ha dovuto fare dei gradini per il raccordo. Umberto, in risposta alle polemiche sul fatto che gli handicappati vengono esclusi, dice che è meglio così, perché la pendenza è troppo forte, e verrebbero sbalzati in acqua. Sandro dice che è come quello di Casalecchio, ma a tutti gli altri è piaciuto. Arrivo a Bologna alle otto.

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