27 febbraio 2013 - Monte Sole
Parcheggio Poggiolo - Casaglia - monastero femminile e ritorno  6 Km  disl 150 m
Variante per Monte Sole 
2,5 Km  disl. 100 m

 

IL DIARIO DI LAURA

Mercoledì 27 febbraio ‘13

Destinazione                  Monte Sole

Partecipanti                   Anna Ch, Anna Po, Iso, Laura, Patti, Sandro

Durata                             due ore – ( due ore e mezzo per Iso e Sandro che hanno dovuto affrontare e

                                         sbranare un branco di lupi )

 

Alle otto e tre quarti alla Meridiana. Ci sono anche Cate ( che è  venuta a salutarci ma non può venire perché deve assistere la Iolanda, intesa come madre ), Rita e suo marito ( che sono venuti a saldare il loro debito con Sandro per il viaggio a Creta) e tutti e tre scompaiono dopo colazione. Sandro non riesce a decidere dove andare, perché le previsioni dicono pioggia nel primo pomeriggio. Alla fine decide per Gavignano ma, appena fuori dalla Meridiana, guarda su e vede che il cielo è più  chiaro verso sinistra e quindi decide di andare verso Monte SUN. In macchina non possiamo fare a meno di parlare delle elezioni, che abbiamo perso nonostante abbiamo vinto, e passiamo il tempo a rigirarci il coltello nella piaga. Costeggiamo il Reno che , col suo bel colore di fango liquido, si avvia pigramente verso il mare. Arriviamo alla località The knoll e parcheggiamo sotto il ristorante che porta lo stesso nome – non vorrei vi sembrasse strano questo nome inglese in una zona così italiana. Dal parcheggio parte un viottolo sterrato e io chiedo come mai ci era stata promessa una passeggiata su strada asfaltata,  lo chiedo perchè ho solo un paio di scarpette da città, che sono le sole che i miei piedi sopportano. Nonostante io sia stata molto attenta ad evitare qualunque sfumatura che potesse anche lontanamente assomigliare a una  critica, Sandro dice che certuni dovrebbero andare a camminare nei giardinetti, invece di rompere le scatole. Se stavo zitta comunque era meglio, perché dopo pochi metri arriviamo sulla strada asfaltata e cominciamo la passeggiata. Sono le dieci. Anna Po esibisce i pantaloni di un tight, che non ci sentiamo di accettare perché privi della giacca a code. Il cielo è abbastanza chiaro, ma ha una strana lucentezza che mi fa pensare che si prepari a nevicare, e lo dico ma nessuno mi prende sul serio. Intorno un bel paesaggio in bianco e nero, con lingue di neve che si stendono dolcemente sulle colline e si insinuano fra gli alberi spogli dei boschetti. La  strada è quasi pianeggiante e dopo circa un’ora arriviamo a una casa che dev’essere un convento di  frati, perché fuori ce n’è uno che sta preparando un minestrone e poco più avanti c’è un convento di suore – a distanza non di sicurezza dai frati. Lì la strada finisce, e quindi dobbiamo tornare indietro. Dopo poco vediamo che Iso e Sandro abbandonano la strada e cominciano a salire su per la collina affondando nella neve di un sentiero che non c’è. Siccome vedono che siamo restii  a seguirli, ci dicono di aspettarli al ristorante, dove Sandro ha già prenotato per l’una. Noi li salutiamo e ce ne andiamo, con la segreta speranza che vengano sepolti dalla neve, così imparano a fare gli sboroni. Dopo una mezz’oretta comincia e nevicare, l’avevo detto io! e ci tocca aprire l’ombrello. La signora in tight apre un ombrello tutto sbilenco, che forma un contrasto inaccettabile coi suoi pantaloni a righine. Glielo facciamo notare e lei promette di comprarne uno nuovo. A mezzogiorno arriviamo in vista del ristorante e, dato che nevica e fa freddo, decidiamo di  non proseguire: aspetteremo gli altri al calduccio, giocando a burraco. Arriviamo al ristorante e tutte le porte sono chiuse. Bussiamo, aizziamo il cane che comincia ad abbaiare e finalmente compare alla finestra una signora nuda – almeno per la parte che si vede – e quanto si pentirà Sandro di non essere stato con noi! – e ci dice “ Adesso vengo!”. Dopo poco arriva il marito che ci fa entrare e ci prepara dei punch al rum accompagnati da pane e salame: una bontà assoluta. Il ristoratore ci dice che nei boschi lì attorno vivono tredici lupi, oltre a un bel numero di daini e cervi, di cui ci fa vedere le foto. Addio, i nostri amici non li vedremo più,  sbranati dai lupi, così imparano. Invece dopo mezz’oretta ecco che arrivano, con i canini sporchi di sangue e ciuffetti di peli impigliati dappertutto. Mangiamo pasta fatta al torchio con ragù poi crescentine, formaggi, salumi, marmellate, nutella – ottimi. Poi la cameriera viene al nostro tavolo a chiacchierare. Viene dalla ex Iugoslavia, scappata dalle bombe durante la guerra. Ci parla della sua vita e dice che quando c’era Tito si stava meglio – e qui abbiamo qualche dubbio – e che Baffino ( voi tutti sapete di chi parlo ) è uno stronzo – e qui siamo d’accordo. Paghiamo e ce ne torniamo a casa perché continua a cadere dal cielo qualcosa che assomiglia alla neve. In macchina, per effetto del rum+prosecco+grappa cantiamo a squarciagola canzoni degli anni Cinquanta e Sessanta. A  casa poco dopo le tre.