11 aprile 2012 - Reggio Emilia.
Mostra su Hayez e orientalisti - Visita di Reggio sotto la pioggia  - circa 6 Km

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IL DIARIO DI LAURA

Mercoledì 11 aprile ‘12

Destinazione                 Reggio Emilia per la  mostra “ Incanti di terre lontane – Hayez, Fontanesi “ ( dal fatto che andiamo a vedere una mostra si capisce che il tempo fa schIfo, perché la nostra acculturazione dipende  solo ed esclusivamente  da cause  meteorologiche )

Partecipanti                   Anna Ch , Anna Po, Cate, Dani, Iso, Laura, Lucia, Patti, Rita,Sandro

Tempo atmosferico     gran bella giornata per un’anatra, direbbero  gli inglesi

Alle otto e mezzo il sole splende, e la mia fiducia in Sandro, che aveva preannunciato una giornata di pioggia, vacilla e incespica. Gli telefono per sapere se per caso ha cambiato idea sull’itinerario, ma lui dice di no, e promette che pioverà. Alle nove e diciotto il treno parte e alle dieci siamo a Reggio Emilia. Per non venir meno alle nostre consuetudini, ci infiliamo nel primo bar, che è striminzito - tanto che lo riempiamo tutto -  ed ha una toilette piuttosto improbabile. Dopo ne incontreremo di belli, ma sarà troppo tardi. Prendiamo la Via Emilia a San Pietro – così si chiama - che è fornita di un ampio portico. Si apre una discussione dotta e approfondita sui portici – e mi dispiace molto di non esser stata coinvolta - e si giunge alla conclusione che quelli di Modena  sono più alti e quelli di Bologna più stretti di questi. Comunque si riveleranno provvidenziali nel corso della giornata. Infatti comincia a piovere, e il grafico della credibilità di Sandro schizza verso l’alto. Ci fermiamo a visitare la chiesa di S. Pietro. L’interno è opera di decoratori terrorizzati dall’idea dell’ horror vacui. Dei cartellini molto particolareggiati illustrano quadri neri come la notte. Proseguiamo verso Piazza Grande e nei pochi metri dalla fine del portico all’entrata del duomo veniamo presi nel turbine di una fitta pioggia gelata che ci bagna tutti nonostante gli ombrelli. Entriamo e per prima cosa apprezziamo che ci sia un bel calduccio e che non ci piova dentro, poi la struttura rinascimentale elegante e raffinata. La cripta la visitano solo quelli che amano infrangere le regole – io no, c’è un cartello che dice di non entrare perché  è in corso l’Adorazione. A sentire questa parola gli occhi di Sandro si fanno sognanti e dice che vorrebbe tanto che noi lo adorassimo – ma non si capisce bene che cosa intenda, perché dice che da  Patti non vuole essere adorato. Quando usciamo – in modo riluttante e i piedi sembra non vogliano staccarsi dal pavimento e avanzare, perché fuori piove forte – attraversiamo la piazza di corsa e poi ci rifugiamo sotto il portico di fronte per ammirare la bella facciata quattrocentesca non finita.Sopra il portale,  statue  di Adamo ed Eva, di gusto michelangiolesco. In  alto sulla torre una madonna di rame dorato che fa a pugni col colore della facciata e della bella torre ottagonale.Al Museo del Tricolore arriviamo mezz’ora prima della chiusura e quindi dobbiamo visitarlo di corsa. Cosa mi è rimasto impresso? Il ritratto di Ciro Menotti con l’aria truce che pare un  cospiratore; la baionetta da borsetta, attaccata a una pistola; il bel ritratto di Francesco V fatto da Adeodato Malatesta; la livrea rossa ricamata dei “donzelli”, che la guida mi dice erano gli uscieri comunali, che purtroppo adesso non ci sono più i soldi per fornirle. Una guida ci accompagna a vedere dall’alto  la sala ovale circondata da un elegante colonnato , dove nel 1797 venne adottato il tricolore – che peraltro aveva i colori disposti orizzontalmente. Usciamo e,  sotto la pioggia battente, raggiungiamo  la chiesa di S. Prospero, con a fianco una bella torre ottagonale e davanti quattro leoni di fantasia. Mentre ce ne stiamo allontanando, scoppia un tuono così fragoroso che anche la chiesa sembra sobbalzare. Cerchiamo il Ristorante del carbone, consigliatoci dalla guida del museo e per fortuna è vicino. Ci apparecchiano in una saletta tutta per noi, così possiamo levarci le scarpe e stendere sul calorifero i panni bagnati. E’ un ambiente caldo e accogliente, e dopo un po’ nuvole di vapore cominciano ad alzarsi dai nostri corpi. La maggior parte di noi mangerà un tris di tortelloni, buoni, ma Cate dirà che sono crudi. Iso ordina un ossobuco col riso, ma dirà che lo fa meglio lei. Ciononostante pagheremo 20 euro a testa. Sandro è seduto all’altra estremità del tavolo, ma a un certo punto sento che borbotta che non sa perché continua a venire in giro con noi. Perché noi ti adoriamo, dico io. Sì, però poi fate quel cavolo che volete ( non sono sicura che abbia usato questo termine ) , risponde lui. Quando usciamo dal ristorante brilla un sole annacquato, ma non appena cominciamo ad illuderci, ricomincia a piovere con varie gradazioni : pioggererllina, scroscio, diluvio, e la temperatura è sugli otto gradi. Alle tre e mezzo siamo alla mostra. Di Fontanesi la cosa più carina che si possa dire è che gli è stata dedicata una bella piazza alberata, di Hayez ci sono solo due quadri, ma la mostra ci è piaciuta, specialmente a me che apprezzo molto che in un quadro i nasi, le bocche e gli occhi siano al loro posto naturale. I nomi dei pittori ci erano tutti ignoti – anche adesso, dato che ce ne siamo già dimenticati – però i paesaggi sono caldi e colorati , le atmosfere esotiche affascinanti e le didascalie di Edmondo De Amicis sorprendentemente molto pittoriche. Finita la mostra andiamo verso la stazione, sempre sotto la pioggia. Arriviamo che il treno è in partenza. Mentre ci mettiamo a correre, allungo a Patti due biglietti , che lui oblitererà in corsa. Sul treno, preso mentre partiva, ci sediamo ansanti e quando arriva il controllore purtroppo scopriamo  che gli ho fatto obliterare due volte i biglietti di andata. Non c’è verso di convincere il controllore della nostra buona fede o del nostro rincoglionimento, dovremo pagare 5 euro di multa a testa. Io ne ho solo 5, e Patti  non ne ha, quindi gli dico  che purtroppo deve scendere. Ma poi, per fortuna, riusciamo a racimolarli. A casa alle cinque e mezzo.